Il Festival
Presentazione
Fino ad alcuni decenni fa per conoscere l’Islam o l’Induismo o il Buddhismo, bisognava affrontare un viaggio, imparare lingue diverse e immergersi in una realtà molto lontana da quella in cui viviamo. Oggi possiamo dire che le religioni del mondo si sono avvicinate a noi, ma questo è avvenuto perché lo straordinario progresso delle comunicazioni ha reso più facile e veloce scambiare idee, pensieri, abitudini e mode da un angolo del mondo all’altro, annullando distanze di migliaia di chilometri.
Nei documenti dell’Unione Europea, il dialogo interreligioso – unitamente al dialogo interculturale – è considerato una pratica fondamentale per dare un contributo significativo allo sviluppo di una società libera, ordinata e coesa, che sappia superare l’estremismo filosofico e religioso, gli stereotipi e i pregiudizi, l’ignoranza e l’indifferenza, l’intolleranza e l’ostilità, che anche nel passato recente sono stati causa di tragici conflitti e di spargimento di sangue in Europa. (Dichiarazione sul dialogo interreligioso e sulla coesione sociale, adottata dai Ministri dell’Interno nella Conferenza di Roma di ottobre 2003 e fatta propria dal Consiglio Europeo, doc. 5381/04)
Che cos’è dunque il dialogo interreligioso?
L’etimologia della parola dialogo, dal greco dialogos, ovvero discorso logos fra dia due persone, implica senza dubbio l’incontro con l’altro. Le religioni non sempre hanno dialogato tra loro: la storia ci insegna che si sono combattute non poche guerre e sacrificate non poche vite in nome di Dio, qualunque fosse. Nell’Italia di oggi, in cui il mondo si mostra in tutte le sue sfumature culturali, etniche e sociali, il dialogo interreligioso acquisisce un’ulteriore valenza: diventa un’esigenza. Non è pura teoria, ma vera e propria pratica sociale. Il pluralismo sociale è quindi una realtà e non una scelta.
È un viaggio molto faticoso che presuppone una educazione al dialogo che consenta di guardare e ascoltare l’altro, un processo che mette in discussione se stessi, le proprie convinzioni e le proprie idee di mondo. È doveroso a questo punto riflettere su come rendere questo dialogo meno teso e drammatizzato: prima di tutto, è necessario essere consapevoli che chi dialoga non sono le religioni (entità astratte) bensì donne e uomini in carne e ossa, con storie, vissuti, sofferenze, speranze, peculiari e irripetibili.
Il Festival Interreligioso SPIRITUS prosegue nell’intento di far dialogare culture e religioni, partendo dalla musica come linguaggio che non necessita di traduzione. L’intento è proprio quello di conoscere attraverso i canti, gli inni, le antifone, ma anche l’armonia, i timbri e le sonorità, questi mondi così lontani. Per la seconda edizione del Festival si è pensato di aprire le porte non solo a gruppi corali ma anche alla danza sacra e a gruppi strumentali per poter immergersi completamente nelle tradizioni delle diverse confessioni. La musica diventa dunque un mezzo che favorisce il dialogo interreligioso tra le persone.
Il convegno, dal titolo Spiritus: canto di guerra, canto di pace, è strutturato in due parti: la prima con un intento didattico di sensibilizzazione alla presenza di 5 classi quinte della Scuola Primaria Anna Frank dell’Istituto Comprensivo di Granarolo dell’Emilia, mentre la seconda si occuperà di dialogare su questi due temi secondo le diverse prospettive spirituali dei relatori.
3 concerti, 1 masterclass, 4 location, 1 tavola rotonda didattica e 1 convegno per il Festival Interreligioso SPIRITUS.
Vi aspetto!
SILVIA BIASINI
Le Location
Biblioteca Salaborsa
BOLOGNA
Piazza del Nettuno, 3 – Bologna
Biblioteca Salaborsa è una biblioteca multimediale di informazione generale.
Biblioteca Sala Borsa
Biblioteca Salaborsa è una biblioteca multimediale di informazione generale che intende documentare la cultura contemporanea attraverso tutti i documenti disponibili: libri, giornali, riviste, mappe, video, cd audio, dvd.
Inaugurata nel dicembre 2001, apre uno spazio culturale e multimediale ricco e affascinante all’interno di Palazzo d’Accursio, il “quasi castello”, antica sede storica del Comune che si affaccia su Piazza Maggiore, da sempre centro e cuore della bolognesità.
Sotto il cristallo della Piazza Coperta si possono ammirare gli antichi scavi e la sedimentazione delle varie civiltà in uno scenario di armonia e di luce. Rivivono così secoli di storia, dai primi insediamenti di capanne della civiltà villanoviana del VII secolo a.C., alla Felsina etrusca, alla Bononia romana fondata nel 189 a.C.
Che cosa sia stata nel tempo la parte nord del palazzo di città che si affaccia su Piazza Nettuno ce lo raccontano gli scavi archeologici intrapresi nel corso dei lavori dell’attuale sistemazione di Salaborsa.
Le tracce di edifici pubblici e religiosi e l’assetto urbanistico testimoniano che il luogo è stato fin dalle origini il baricentro della vita pubblica cittadina. L’attuale pavimentazione di cristallo della Piazza Coperta di circa 400 metri quadrati rivela le fondazioni di un vasto edificio di dimensioni molto estese (20-22 metri di larghezza e 70 di lunghezza), destinato in epoca romana a funzioni pubbliche. Più consistenti sono i resti che datano al pieno II sec. a.C., testimonianza dei primi decenni di vita della colonia latina.La destinazione pubblica dell’area si consolida tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C.,periodo al quale si fa risalire la costruzione della basilica civile di Bononia, luogo di riunione dei cittadini e di amministrazione della giustizia, fulcro vitale della città. Tra la prima e la seconda fondazione muraria della basilica, si intravedono resti molto evidenti di un antico basolato o lastricato stradale di età augustea. Interessante è anche il ritrovamento di tre pozzi di acqua di falda allineati, grezzi, privi di rivestimento e tuttora visibili, sicuramente destinati a servire una popolazione numerosa.
La stratigrafia degli scavi scopre le trasformazioni che si sono verificate in età romana fino a quando, tra la fine del V sec. ed il VII sec. d.C., l’area subisce sempre più marcati fenomeni di degrado, dal crollo delle strutture a spogli del materiale di pregio. La depauperazione del territorio provoca una notevole riduzione degli edifici, fino alla loro quasi totale scomparsa all’inizio dell’alto medioevo.
Dopo deboli segnali di rinascita, l’area è interessata da una vera e propria ripresa nel corso del XIII sec., contrassegnata dalla presenza di edifici civili di notevole impegno architettonico, con l’impiego di materiali pregevoli, edificati ad un metro e mezzo sopra i ruderi romani. Le abitazioni appartengono soprattutto a famiglie ghibelline tra cui quella di Francesco Accursio, figlio del famoso giurista. Intorno al 1245, il palazzo subisce una profonda trasformazione dopo la demolizione dei resti precedenti e diventa un grande palazzo di “robusta architettura tardo-romanica” con porticato verso la piazza, coronato da merlature.
Sotto la signoria dei Visconti il palazzo diviene una vera e propria cittadella fortificata, quartiere generale delle truppe a presidio della fortezza. Ai Visconti si succedono nel 1360 i vicari pontifici, tra cui ricordiamo il grande diplomatico Egidio de Albornoz e Androino de la Roche, che nel 1360 acquista un complesso di 35 case sul lato nord dell’edificio per destinare l’area alla progettazione di un ampio giardino cinto da mura merlate e fortificate, sullo schema del palazzo pontificio di Avignone. Androino investe ingenti somme nella realizzazione del viridarium, o giardino di palazzo, proprio nella parte più densamente edificata della città. Vicino al giardino trovano posto le stalle per i cavalli e gli alloggi per la guardia di palazzo pontificia.
L’aspetto fortilizio si conserva fino al 1376, quando la città si ribella al Cardinal Legato e ottiene dal Papa il riconoscimento della propria autonomia, che sarà di breve durata perché nel 1401 Giovanni Bentivoglio occupa la piazza e si proclama padrone della città.
Nell’autunno del 1506 Giulio II entra in Bologna e caccia i Bentivoglio. Due anni più tardi il palazzo si consolida come fortezza con la costruzione del Torrione verso il Canton de’ fiori. Altri interventi significativi della struttura avvengono nel periodo tra il 1554 e il 1555 per opera degli architetti Stefano Grandi e Antonio Morandi che dirigono i lavori di ristrutturazione degli interni delle scuderie e sostituiscono i vecchi pilastri con due serie di colonne tuscaniche, facendo assumere al luogo l’aspetto di una “basilica”.
Nel 1568 Ulisse Aldrovandi trasforma il viridarium del Cardinal Legato in Orto botanico con aiuole di forme geometriche sul modello del Giardino dei Semplici di Padova (1545) e del Giardino Pisano (1547). Ulisse Aldrovandi si prende cura delle coltivazioni di erbe medicinali di classificazione medioevale, ritenute essenziali per qualunque buona farmacopea.
Custode dell’Orto botanico per 50 anni, lo arricchisce con specie esotiche provenienti dall’India, dall’Africa e dalle Americhe: un vero e proprio laboratorio di sperimentazioni naturalistiche a cui si fa risalire la nascita della moderna botanica.
La pianta dell’orto è formata da quattro parterre rettangolari a disegni diversi, che contengono altrettante vasche per l’irrigazione. I resti della vasca cruciforme, dedicata alla coltura delle piante acquatiche sono visibili nel riquadro a nord-ovest dello scavo archeologico. Il sistema di irrigazione è regolato dalla cisterna situata al centro dell’orto.
Nel 1587, Francesco Morandi, detto “il Terribilia”, costruisce sopra la cisterna una deliziosa edicola corinzia, trasferita successivamente nel 1886 nel cortile della Pinacoteca in occasione della costruzione della futura Sala Borsa.
Una replica dell’opera è oggi visibile nel cortile del pozzo di Palazzo d’Accursio.
Nel 1765 l’orto botanico viene trasferito in via San Giuliano e successivamente, durante il periodo napoleonico, nella sede definitiva sui terreni circostanti la Palazzina della Viola, in prossimità di Porta San Donato, dove ancora oggi si trova l’Orto Botanico incluso nel Sistema Museale d’Ateneo. Alla fine dell’800 si assiste quindi alla definitiva trasformazione del giardino di palazzo e gli ultimi atti della rimozione dell’antico orto pubblico lasciano spazio ad un cortile erboso, utilizzato per oltre un secolo come campo di addestramento delle milizie cittadine e per le esercitazioni dei pompieri.
Nel 1870 la Giunta Municipale stabilisce di destinare la parte del giardino confinante con il lato dell’attuale piazza Nettuno alla edificazione di una struttura semicircolare, l’attuale ingresso chiamato Esedra, includendo alcune stanze a pianterreno degli appartamenti estivi del Cardinal Legato, che diverrà prima ufficio telegrafico e in seguito Residenza delle Regie poste.
L’utilizzo di questa parte del palazzo di città come centro della vita economica e sociale cittadina si consolida sotto la spinta del Comitato promotore del progetto della nuova Sala Borsa. Gli imprenditori bolognesi che ne fanno parte intendono costruire al posto del giardino, del cortile e della cisterna, un nuovo edificio destinato alle contrattazioni di borsa, alle operazioni di mercato e agli scambi commerciali.
L’iniziativa mira anche a regolamentare l’uso consolidato degli spazi pubblici e a disincentivare l’abitudine dei commercianti bolognesi di contrattare all’aperto nel Mercato di Mezzo e in tutta Piazza Maggiore.
È così che il viridarium del Palazzo Apostolico, antico di cinque secoli, viene demolito per far posto alla struttura in ferro di Sala Borsa, allora molto ammirata e innovativa. Tra 1883-1886 viene edificato il padiglione in ghisa e vetro che conserva ancora l’originaria struttura a impianto basilicale con vasto corpo centrale illuminato da un lucernario.
Il porticato è sorretto da una serie di arcate poggianti su esili colonne in ghisa, che sostengono una tettoia a quattro spioventi in armatura metallica. Il progetto, che ricalca in parte la Sala Borsa di Parigi, è caratterizzato dall’ampio uso del ferro, già utilizzato nella copertura a lucernario delle Regie poste, e risulta essere opera della ditta di Alfredo Cottrau, napoletano di origine francese, e Paolo Boubée, responsabile dell’Impresa italiana di costruzioni metalliche di Napoli.
Lo stile del padiglione rientra a pieno titolo nella corrente del rinnovamento modernista che investe l’architettura infrastrutturale e civile del tempo, ben rappresentata dalla Galleria Umberto I a Napoli e dalla Galleria di Corso Vittorio Emanuele II a Milano.
L’impiego del ferro anche nella realizzazione delle parti decorative è una lieve e geniale premonizione del gusto liberty, ben identificabile nelle decorazioni a piccoli rosoni. Alcune anticipazioni architettoniche e di stile sono riconducibili al movimento della secessione viennese, sul modello della Cassa di Risparmio postale di Vienna, progettata da Otto Wagner.
Il progressivo calo delle contrattazioni commerciali e degli scambi determinano una costante e inesorabile caduta nel numero delle frequentazioni di Sala Borsa e provocano la chiusura definitiva delle sedi degli uffici operativi nel 1903.
In seguito, tra il 1917 e il 1920, negli anni dell’amministrazione socialista del Sindaco Francesco Zanardi, Sala Borsa accoglie un ristorante economico, alcuni sportelli bancari della Cassa di Risparmio e un ufficio dell’agenzia dell’Ente Nazionale Turismo.
Agli inizi degli anni Venti, la Cassa di Risparmio ottiene dal Comune l’uso dell’intera sala con i locali annessi per un periodo di 50 anni. Si vuole ampliare e rivalutare la struttura per farne di nuovo il luogo privilegiato delle transazioni e degli scambi. Nel 1924, ad opera dell’ingegnere Francesco Tassoni, partono i lavori di costruzione del secondo e del terzo ballatoio, che corrono attorno alla Piazza coperta in perfetta armonia con l’ordine di uffici già esistenti.
Nella nuova struttura sono inoltre progettate due splendide sale sotterranee con decorazioni a stucco e pitture in stile liberty, esaltate dalla luce di vetri trasparenti che illuminano i dipinti del cassettonato. È uno dei primi esempi di struttura in calcestruzzo armato realizzata a Bologna, molto innovativa nell’ambito delle costruzioni. La loro paternità risulta ancora incerta, ma viene tradizionalmente attribuita all’architetto bolognese Edoardo Collamarini, anche se trova maggior credito l’ipotesi di una collaborazione tra i più qualificati professionisti dell’epoca. L’inaugurazione della Sala Borsa suscita un notevole interesse e un folto numero di bolognesi assiste alla cerimonia che avviene in modo solenne il 17 luglio 1926 alla presenza del Ministro delle Finanze, il conte Volpi di Misurata. I lavori continuano fino al 1930, quando l’invaso sotterraneo della cisterna, progettata nel 1587 da Pietro Fiorini sul lato settentrionale del viridarium, viene trasformato in stanza blindata in uso della banca.
Nel secondo dopoguerra e fino agli anni Sessanta, la Piazza coperta si trasforma in un moderno Palasport, ospitando partite di pallacanestro e perfino incontri di pugilato. Mentre durante il giorno si svolgono le normali operazioni di affari, di sera i custodi puliscono il pavimento e montano i canestri per gli allenamenti delle squadre. I giorni delle partite il parterre laterale e i ballatoi si riempiono di tifosi e la Piazza coperta diventa una vera fossa dei leoni. All’interno del Torrione del Canton dei Fiori, antico lato nord della fortezza di palazzo, nel 1976 viene inaugurato il primo e forse unico Teatro Stabile dei Burattini, il famoso “Teatrén di buratén”, diretto da Demetrio Presini.
In seguito l’edificio diventa sede di uffici amministrativi del Comune di Bologna. I primi interventi di recupero dell’area Sala Borsa rientrano nell’ambito del più vasto progetto di riqualificazione denominato Parco urbano di Piazza Maggiore, che nel 1999 imprime una svolta significativa nella destinazione della Piazza coperta a luogo dedicato alla cultura.
L’ultima ristrutturazione di Sala Borsa rispetta l’impianto del preesistente architettonico e la stratificazione degli edifici che si è formata in sette secoli di storia urbana. Oggi, negli scavi visibili sotto il cristallo, il cammino a ritroso nel tempo si snoda lungo la passerella appesa alla struttura e ci guida lungo un percorso storico di grandissima suggestione e fascino. Dal possente parametro murario della cisterna rinascimentale del Terribilia, scavalcando i basolati e le fondazioni della basilica romana, costeggiando il muro di cinta della casa a torre medioevale, si intravede la vasca a stella che stava al centro del giardino, a testimoniare ancora una volta la centralità del luogo nella sua nuova destinazione di biblioteca, piazza dei saperi e della cultura plurimediale contemporanea.
Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio
BOLOGNA
Piazza Maggiore, 6 – Bologna
Ricavata nella parte più antica dell’attuale Palazzo Comunale è una vera chiesa a 30 metri di altezza sulla Piazza Maggiore, ricca di fregi artistici ed affreschi di vaste dimensioni.
Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio
La Cappella del Legato o Cappella Farnese, oggi sconsacrata, è stata eretta nel 1454 su progetto dell’architetto Aristotele Fioravanti all’epoca del cardinale Bessarione, primo cardinale Legato. Viene chiamata anche Cappella Farnese da quando il cardinale Girolamo Farnese ne fece eseguire un restauro.
E’ affrescata con il ciclo delle Storie della vita della Vergine di Prospero Fontana (1512-1597), massimo protagonista del manierismo bolognese.
Auditorium Enzo Biagi
BOLOGNA
Piazza del Nettuno, 3 – Bologna
Al piano interrato di Salaborsa.
Auditorium Enzo Biagi
Al piano interrato di Salaborsa si trova l’Auditorium Enzo Biagi, capace di accogliere il pubblico in occasione di presentazioni di libri, letture ad alta voce, convegni, conferenze, piccoli eventi musicali.
Basilica di Santa Maria dei Servi
BOLOGNA
Strada Maggiore, 43 – Bologna
La Basilica di Santa Maria dei Servi sorge lungo Strada Maggiore e costituisce uno splendido esempio di architettura gotica.
Basilica di Santa Maria dei Servi
Di maggiore interesse è l’interno della chiesa, per le numerose e pregevoli pitture che vi si conservano. Citiamo innanzi tutto la volta, le cui lunette furono dipinte a fresco tra il secolo XVI ed il XVII da ottimi pittori di scuola bolognese, quali: Alessandro Mari, Giulio Cesare Milani, il Gionima, Domenico Santi, Giovanni Maria Viani, Giuseppe Metelli, Giovanni Peruzzini, Carlo Cignani, il Franceschino, rappresentandovi i Fasti di San Filippo Bezzini dell’Ordine dei Serviti. Nelle numerose cappelle si conservano altre pitture murali di varie epoche, assai interessanti nei rapporti artistici: quadri di Bernardino Baldi, del Guercino da Cento, di Ercole Graziani, il famoso Paradiso di Dionigi Calvart (1602), del Tiarini, di Michele de Santi, di Vittorio Bigari, di Giulio Marino, di Ubaldo Gandolfi e di parecchi altri fra i migliori artisti bolognesi dal secolo XVI al XVIII. Fra le curiosità havvi una Madonna bisantina, su tavola, del 1200, donata nel 1345 da Taddeo Pepoli ai Serviti; un’idria, o anfora, che si vuole abbia servito alle nozze di Canaan e portata, nel 1359, da servita Vitale dei Bacellieri, che era stato nunzio del papa presso il califfo d’Egitto, dal quale l’ebbe in dono. Nell’altar maggiore spiccano varie statue di fra Giovanni Agnolo Montorsoli, servita, allievo di Michelangelo, e che doveva lasciare maggior nome per opere mirabili, compiute in Sicilia ed in Genova. Gli stalli del coro sono di rara bellezza e di grande antichità. Ne diede il disegno lo stesso fra Andrea Manfredi, architetto della chiesa, e furono eseguiti nella prima metà del secolo XV. Sui muri e sui pilastri si notano varie figure, dipinte con molto gusto artistico, del secolo XIV e XV. Taluno di questi dipinti è attribuito al Bagnacavallo.
Nella chiesa dei Servi si contano varii monumenti funerari in marmo, di ottima fattura e di evidenti pregi artistici. Vanno notati fra gli altri il ritratto a musaico del cardinale Ulisse Gozzadini, eseguito in Roma e quivi collocato; il grandioso ma baroccheggiante monumento a Lodovico Gozzadini, lavorato da Giovanni Zacchio da Volterra; il ricordo funerario di Lodovico Leoni, medico insigne, scolpito da Jacopo di Ravenna; di frate Andrea Manfredi, architetto della chiesa ed in parte anche del San Petronio; di Giacomo ed Andrea Grati, in buone linee del Rinascimento, ecc. Il vasto convento, ch’era alla chiesa contiguo, fu, colla soppressione dell’Ordine dei Serviti, avvenuta nel nostro secolo, trasformato in quartiere. Le poche cose buone che vi si conservarono furono asportate; di notevole ora non havvi che qualche avanzo di pitture del secolo XVI ed il grandioso scalone, di cui fu architetto il Terribilia.
Testo tratto da “Provincia di Bologna”, collana “Geografia dell’Italia”, Torino, Unione tipografico editrice, 1900. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.
Biblioteca Salaborsa
BOLOGNA
Piazza del Nettuno, 3 – Bologna
Biblioteca Salaborsa è una biblioteca multimediale di informazione generale.
Biblioteca Sala Borsa
Biblioteca Salaborsa è una biblioteca multimediale di informazione generale che intende documentare la cultura contemporanea attraverso tutti i documenti disponibili: libri, giornali, riviste, mappe, video, cd audio, dvd.
Inaugurata nel dicembre 2001, apre uno spazio culturale e multimediale ricco e affascinante all’interno di Palazzo d’Accursio, il “quasi castello”, antica sede storica del Comune che si affaccia su Piazza Maggiore, da sempre centro e cuore della bolognesità.
Sotto il cristallo della Piazza Coperta si possono ammirare gli antichi scavi e la sedimentazione delle varie civiltà in uno scenario di armonia e di luce. Rivivono così secoli di storia, dai primi insediamenti di capanne della civiltà villanoviana del VII secolo a.C., alla Felsina etrusca, alla Bononia romana fondata nel 189 a.C.
Che cosa sia stata nel tempo la parte nord del palazzo di città che si affaccia su Piazza Nettuno ce lo raccontano gli scavi archeologici intrapresi nel corso dei lavori dell’attuale sistemazione di Salaborsa.
Le tracce di edifici pubblici e religiosi e l’assetto urbanistico testimoniano che il luogo è stato fin dalle origini il baricentro della vita pubblica cittadina. L’attuale pavimentazione di cristallo della Piazza Coperta di circa 400 metri quadrati rivela le fondazioni di un vasto edificio di dimensioni molto estese (20-22 metri di larghezza e 70 di lunghezza), destinato in epoca romana a funzioni pubbliche. Più consistenti sono i resti che datano al pieno II sec. a.C., testimonianza dei primi decenni di vita della colonia latina.La destinazione pubblica dell’area si consolida tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C.,periodo al quale si fa risalire la costruzione della basilica civile di Bononia, luogo di riunione dei cittadini e di amministrazione della giustizia, fulcro vitale della città. Tra la prima e la seconda fondazione muraria della basilica, si intravedono resti molto evidenti di un antico basolato o lastricato stradale di età augustea. Interessante è anche il ritrovamento di tre pozzi di acqua di falda allineati, grezzi, privi di rivestimento e tuttora visibili, sicuramente destinati a servire una popolazione numerosa.
La stratigrafia degli scavi scopre le trasformazioni che si sono verificate in età romana fino a quando, tra la fine del V sec. ed il VII sec. d.C., l’area subisce sempre più marcati fenomeni di degrado, dal crollo delle strutture a spogli del materiale di pregio. La depauperazione del territorio provoca una notevole riduzione degli edifici, fino alla loro quasi totale scomparsa all’inizio dell’alto medioevo.
Dopo deboli segnali di rinascita, l’area è interessata da una vera e propria ripresa nel corso del XIII sec., contrassegnata dalla presenza di edifici civili di notevole impegno architettonico, con l’impiego di materiali pregevoli, edificati ad un metro e mezzo sopra i ruderi romani. Le abitazioni appartengono soprattutto a famiglie ghibelline tra cui quella di Francesco Accursio, figlio del famoso giurista. Intorno al 1245, il palazzo subisce una profonda trasformazione dopo la demolizione dei resti precedenti e diventa un grande palazzo di “robusta architettura tardo-romanica” con porticato verso la piazza, coronato da merlature.
Sotto la signoria dei Visconti il palazzo diviene una vera e propria cittadella fortificata, quartiere generale delle truppe a presidio della fortezza. Ai Visconti si succedono nel 1360 i vicari pontifici, tra cui ricordiamo il grande diplomatico Egidio de Albornoz e Androino de la Roche, che nel 1360 acquista un complesso di 35 case sul lato nord dell’edificio per destinare l’area alla progettazione di un ampio giardino cinto da mura merlate e fortificate, sullo schema del palazzo pontificio di Avignone. Androino investe ingenti somme nella realizzazione del viridarium, o giardino di palazzo, proprio nella parte più densamente edificata della città. Vicino al giardino trovano posto le stalle per i cavalli e gli alloggi per la guardia di palazzo pontificia.
L’aspetto fortilizio si conserva fino al 1376, quando la città si ribella al Cardinal Legato e ottiene dal Papa il riconoscimento della propria autonomia, che sarà di breve durata perché nel 1401 Giovanni Bentivoglio occupa la piazza e si proclama padrone della città.
Nell’autunno del 1506 Giulio II entra in Bologna e caccia i Bentivoglio. Due anni più tardi il palazzo si consolida come fortezza con la costruzione del Torrione verso il Canton de’ fiori. Altri interventi significativi della struttura avvengono nel periodo tra il 1554 e il 1555 per opera degli architetti Stefano Grandi e Antonio Morandi che dirigono i lavori di ristrutturazione degli interni delle scuderie e sostituiscono i vecchi pilastri con due serie di colonne tuscaniche, facendo assumere al luogo l’aspetto di una “basilica”.
Nel 1568 Ulisse Aldrovandi trasforma il viridarium del Cardinal Legato in Orto botanico con aiuole di forme geometriche sul modello del Giardino dei Semplici di Padova (1545) e del Giardino Pisano (1547). Ulisse Aldrovandi si prende cura delle coltivazioni di erbe medicinali di classificazione medioevale, ritenute essenziali per qualunque buona farmacopea.
Custode dell’Orto botanico per 50 anni, lo arricchisce con specie esotiche provenienti dall’India, dall’Africa e dalle Americhe: un vero e proprio laboratorio di sperimentazioni naturalistiche a cui si fa risalire la nascita della moderna botanica.
La pianta dell’orto è formata da quattro parterre rettangolari a disegni diversi, che contengono altrettante vasche per l’irrigazione. I resti della vasca cruciforme, dedicata alla coltura delle piante acquatiche sono visibili nel riquadro a nord-ovest dello scavo archeologico. Il sistema di irrigazione è regolato dalla cisterna situata al centro dell’orto.
Nel 1587, Francesco Morandi, detto “il Terribilia”, costruisce sopra la cisterna una deliziosa edicola corinzia, trasferita successivamente nel 1886 nel cortile della Pinacoteca in occasione della costruzione della futura Sala Borsa.
Una replica dell’opera è oggi visibile nel cortile del pozzo di Palazzo d’Accursio.
Nel 1765 l’orto botanico viene trasferito in via San Giuliano e successivamente, durante il periodo napoleonico, nella sede definitiva sui terreni circostanti la Palazzina della Viola, in prossimità di Porta San Donato, dove ancora oggi si trova l’Orto Botanico incluso nel Sistema Museale d’Ateneo. Alla fine dell’800 si assiste quindi alla definitiva trasformazione del giardino di palazzo e gli ultimi atti della rimozione dell’antico orto pubblico lasciano spazio ad un cortile erboso, utilizzato per oltre un secolo come campo di addestramento delle milizie cittadine e per le esercitazioni dei pompieri.
Nel 1870 la Giunta Municipale stabilisce di destinare la parte del giardino confinante con il lato dell’attuale piazza Nettuno alla edificazione di una struttura semicircolare, l’attuale ingresso chiamato Esedra, includendo alcune stanze a pianterreno degli appartamenti estivi del Cardinal Legato, che diverrà prima ufficio telegrafico e in seguito Residenza delle Regie poste.
L’utilizzo di questa parte del palazzo di città come centro della vita economica e sociale cittadina si consolida sotto la spinta del Comitato promotore del progetto della nuova Sala Borsa. Gli imprenditori bolognesi che ne fanno parte intendono costruire al posto del giardino, del cortile e della cisterna, un nuovo edificio destinato alle contrattazioni di borsa, alle operazioni di mercato e agli scambi commerciali.
L’iniziativa mira anche a regolamentare l’uso consolidato degli spazi pubblici e a disincentivare l’abitudine dei commercianti bolognesi di contrattare all’aperto nel Mercato di Mezzo e in tutta Piazza Maggiore.
È così che il viridarium del Palazzo Apostolico, antico di cinque secoli, viene demolito per far posto alla struttura in ferro di Sala Borsa, allora molto ammirata e innovativa. Tra 1883-1886 viene edificato il padiglione in ghisa e vetro che conserva ancora l’originaria struttura a impianto basilicale con vasto corpo centrale illuminato da un lucernario.
Il porticato è sorretto da una serie di arcate poggianti su esili colonne in ghisa, che sostengono una tettoia a quattro spioventi in armatura metallica. Il progetto, che ricalca in parte la Sala Borsa di Parigi, è caratterizzato dall’ampio uso del ferro, già utilizzato nella copertura a lucernario delle Regie poste, e risulta essere opera della ditta di Alfredo Cottrau, napoletano di origine francese, e Paolo Boubée, responsabile dell’Impresa italiana di costruzioni metalliche di Napoli.
Lo stile del padiglione rientra a pieno titolo nella corrente del rinnovamento modernista che investe l’architettura infrastrutturale e civile del tempo, ben rappresentata dalla Galleria Umberto I a Napoli e dalla Galleria di Corso Vittorio Emanuele II a Milano.
L’impiego del ferro anche nella realizzazione delle parti decorative è una lieve e geniale premonizione del gusto liberty, ben identificabile nelle decorazioni a piccoli rosoni. Alcune anticipazioni architettoniche e di stile sono riconducibili al movimento della secessione viennese, sul modello della Cassa di Risparmio postale di Vienna, progettata da Otto Wagner.
Il progressivo calo delle contrattazioni commerciali e degli scambi determinano una costante e inesorabile caduta nel numero delle frequentazioni di Sala Borsa e provocano la chiusura definitiva delle sedi degli uffici operativi nel 1903.
In seguito, tra il 1917 e il 1920, negli anni dell’amministrazione socialista del Sindaco Francesco Zanardi, Sala Borsa accoglie un ristorante economico, alcuni sportelli bancari della Cassa di Risparmio e un ufficio dell’agenzia dell’Ente Nazionale Turismo.
Agli inizi degli anni Venti, la Cassa di Risparmio ottiene dal Comune l’uso dell’intera sala con i locali annessi per un periodo di 50 anni. Si vuole ampliare e rivalutare la struttura per farne di nuovo il luogo privilegiato delle transazioni e degli scambi. Nel 1924, ad opera dell’ingegnere Francesco Tassoni, partono i lavori di costruzione del secondo e del terzo ballatoio, che corrono attorno alla Piazza coperta in perfetta armonia con l’ordine di uffici già esistenti.
Nella nuova struttura sono inoltre progettate due splendide sale sotterranee con decorazioni a stucco e pitture in stile liberty, esaltate dalla luce di vetri trasparenti che illuminano i dipinti del cassettonato. È uno dei primi esempi di struttura in calcestruzzo armato realizzata a Bologna, molto innovativa nell’ambito delle costruzioni. La loro paternità risulta ancora incerta, ma viene tradizionalmente attribuita all’architetto bolognese Edoardo Collamarini, anche se trova maggior credito l’ipotesi di una collaborazione tra i più qualificati professionisti dell’epoca. L’inaugurazione della Sala Borsa suscita un notevole interesse e un folto numero di bolognesi assiste alla cerimonia che avviene in modo solenne il 17 luglio 1926 alla presenza del Ministro delle Finanze, il conte Volpi di Misurata. I lavori continuano fino al 1930, quando l’invaso sotterraneo della cisterna, progettata nel 1587 da Pietro Fiorini sul lato settentrionale del viridarium, viene trasformato in stanza blindata in uso della banca.
Nel secondo dopoguerra e fino agli anni Sessanta, la Piazza coperta si trasforma in un moderno Palasport, ospitando partite di pallacanestro e perfino incontri di pugilato. Mentre durante il giorno si svolgono le normali operazioni di affari, di sera i custodi puliscono il pavimento e montano i canestri per gli allenamenti delle squadre. I giorni delle partite il parterre laterale e i ballatoi si riempiono di tifosi e la Piazza coperta diventa una vera fossa dei leoni. All’interno del Torrione del Canton dei Fiori, antico lato nord della fortezza di palazzo, nel 1976 viene inaugurato il primo e forse unico Teatro Stabile dei Burattini, il famoso “Teatrén di buratén”, diretto da Demetrio Presini.
In seguito l’edificio diventa sede di uffici amministrativi del Comune di Bologna. I primi interventi di recupero dell’area Sala Borsa rientrano nell’ambito del più vasto progetto di riqualificazione denominato Parco urbano di Piazza Maggiore, che nel 1999 imprime una svolta significativa nella destinazione della Piazza coperta a luogo dedicato alla cultura.
L’ultima ristrutturazione di Sala Borsa rispetta l’impianto del preesistente architettonico e la stratificazione degli edifici che si è formata in sette secoli di storia urbana. Oggi, negli scavi visibili sotto il cristallo, il cammino a ritroso nel tempo si snoda lungo la passerella appesa alla struttura e ci guida lungo un percorso storico di grandissima suggestione e fascino. Dal possente parametro murario della cisterna rinascimentale del Terribilia, scavalcando i basolati e le fondazioni della basilica romana, costeggiando il muro di cinta della casa a torre medioevale, si intravede la vasca a stella che stava al centro del giardino, a testimoniare ancora una volta la centralità del luogo nella sua nuova destinazione di biblioteca, piazza dei saperi e della cultura plurimediale contemporanea.
Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio
BOLOGNA
Piazza Maggiore, 6 – Bologna
Ricavata nella parte più antica dell’attuale Palazzo Comunale è una vera chiesa a 30 metri di altezza sulla Piazza Maggiore, ricca di fregi artistici ed affreschi di vaste dimensioni.
Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio
La Cappella del Legato o Cappella Farnese, oggi sconsacrata, è stata eretta nel 1454 su progetto dell’architetto Aristotele Fioravanti all’epoca del cardinale Bessarione, primo cardinale Legato. Viene chiamata anche Cappella Farnese da quando il cardinale Girolamo Farnese ne fece eseguire un restauro.
E’ affrescata con il ciclo delle Storie della vita della Vergine di Prospero Fontana (1512-1597), massimo protagonista del manierismo bolognese.
Auditorium Enzo Biagi
BOLOGNA
Piazza del Nettuno, 3 – Bologna
Al piano interrato di Salaborsa.
Auditorium Enzo Biagi
Al piano interrato di Salaborsa si trova l’Auditorium Enzo Biagi, capace di accogliere il pubblico in occasione di presentazioni di libri, letture ad alta voce, convegni, conferenze, piccoli eventi musicali.
Basilica di Santa Maria dei Servi
BOLOGNA
Strada Maggiore, 43 – Bologna
La Basilica di Santa Maria dei Servi sorge lungo Strada Maggiore e costituisce uno splendido esempio di architettura gotica.
Basilica di Santa Maria dei Servi
Di maggiore interesse è l’interno della chiesa, per le numerose e pregevoli pitture che vi si conservano. Citiamo innanzi tutto la volta, le cui lunette furono dipinte a fresco tra il secolo XVI ed il XVII da ottimi pittori di scuola bolognese, quali: Alessandro Mari, Giulio Cesare Milani, il Gionima, Domenico Santi, Giovanni Maria Viani, Giuseppe Metelli, Giovanni Peruzzini, Carlo Cignani, il Franceschino, rappresentandovi i Fasti di San Filippo Bezzini dell’Ordine dei Serviti. Nelle numerose cappelle si conservano altre pitture murali di varie epoche, assai interessanti nei rapporti artistici: quadri di Bernardino Baldi, del Guercino da Cento, di Ercole Graziani, il famoso Paradiso di Dionigi Calvart (1602), del Tiarini, di Michele de Santi, di Vittorio Bigari, di Giulio Marino, di Ubaldo Gandolfi e di parecchi altri fra i migliori artisti bolognesi dal secolo XVI al XVIII. Fra le curiosità havvi una Madonna bisantina, su tavola, del 1200, donata nel 1345 da Taddeo Pepoli ai Serviti; un’idria, o anfora, che si vuole abbia servito alle nozze di Canaan e portata, nel 1359, da servita Vitale dei Bacellieri, che era stato nunzio del papa presso il califfo d’Egitto, dal quale l’ebbe in dono. Nell’altar maggiore spiccano varie statue di fra Giovanni Agnolo Montorsoli, servita, allievo di Michelangelo, e che doveva lasciare maggior nome per opere mirabili, compiute in Sicilia ed in Genova. Gli stalli del coro sono di rara bellezza e di grande antichità. Ne diede il disegno lo stesso fra Andrea Manfredi, architetto della chiesa, e furono eseguiti nella prima metà del secolo XV. Sui muri e sui pilastri si notano varie figure, dipinte con molto gusto artistico, del secolo XIV e XV. Taluno di questi dipinti è attribuito al Bagnacavallo.
Nella chiesa dei Servi si contano varii monumenti funerari in marmo, di ottima fattura e di evidenti pregi artistici. Vanno notati fra gli altri il ritratto a musaico del cardinale Ulisse Gozzadini, eseguito in Roma e quivi collocato; il grandioso ma baroccheggiante monumento a Lodovico Gozzadini, lavorato da Giovanni Zacchio da Volterra; il ricordo funerario di Lodovico Leoni, medico insigne, scolpito da Jacopo di Ravenna; di frate Andrea Manfredi, architetto della chiesa ed in parte anche del San Petronio; di Giacomo ed Andrea Grati, in buone linee del Rinascimento, ecc. Il vasto convento, ch’era alla chiesa contiguo, fu, colla soppressione dell’Ordine dei Serviti, avvenuta nel nostro secolo, trasformato in quartiere. Le poche cose buone che vi si conservarono furono asportate; di notevole ora non havvi che qualche avanzo di pitture del secolo XVI ed il grandioso scalone, di cui fu architetto il Terribilia.
Testo tratto da “Provincia di Bologna”, collana “Geografia dell’Italia”, Torino, Unione tipografico editrice, 1900. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.